martedì 12 aprile 2011

RIFLESSIONI SU "NUOVE SOSTANZE"_L'informatica e il rinnovamento dell'architettura

Nella nostra disciplina si va consolidando una nuova condizione che si potrebbe definire di "modernità contemporanea", strettamente legata al complesso rapporto tra la modernità e il mutamento. L’accelerazione della velocità nelle trasformazioni che caratterizzano la nostra epoca tende infatti a mettere in crisi la tradizionale capacità dell’architettura moderna di accogliere il mutamento e di adeguarsi ad esso: nelle sue manifestazioni di maggior successo, l’architettura tende oggi a metabolizzare il mutamento trasfigurandolo dal punto di vista figurativo.
Da una parte è quindi opportuno considerare che è in atto una modificazione profonda rispetto alla tradizionale stabilità alla quale l’architettura legava la sua identità; stabilità che era il riflesso di una società che si modificava molto lentamente. Le nostre società invece si muovono e quindi si trasformano con una velocità di gran lunga maggiore e di conseguenza l’architettura, che per sua intima essenza ne costituisce la rappresentazione, deve riflettere su questa differente condizione: la fluidità va in qualche modo assunta come elemento costitutivo del processo e dell’esito progettuale.
Ma non bisogna dimenticare che l'architettura costruisce sequenze di immagini che, per loro natura, sono stabili, definiscono l’identità dei luoghi e si contrappongono con la loro permanenza alla vorticosa mutevolezza delle immagini virtuali che oggi ci assalgono attraverso la comunicazione multimediale. In questo senso, l'architettura è uno strumento essenziale della nostra memoria e della nostra solidità emotiva perché conforma lo spazio vissuto e nello stesso tempo, in quanto insieme strutturato di spazi, permette di collocare gli eventi in luoghi distinti ed identificabili. L’architettura è quindi un formidabile antidoto contro lo smarrimento dell’indistinto e del mutevole.
In questa condizione di complessità il progetto di architettura deve agire per trovare il suo punto di equilibrio e la sua capacità di conformare l’ambiente antropizzato.
Molto interessante a tal proposito è, a mio avviso, il pensiero espresso da Gae Aulenti in un'intervista.

«L’architettura nella quale mi piacerebbe riconoscermi deriva da tre capacità fondamentali di ordine estetico e non morale. La prima capacità è quella analitica nel senso che dobbiamo saper riconoscere la continuità delle tracce urbane e geografiche sia concettuali che fisiche, come essenze specifiche dell’architettura […]. La seconda capacità è quella sintetica cioè quella di saper operare le sintesi necessarie a rendere prioritari ed evidenti i principi dell’architettura, in grado di contenere qualsiasi variazione e cercando di allontanare così dal progetto quel tanto di arbitrario che esso naturalmente possiede. La terza capacità è quella profetica, propria degli artisti, dei poeti, degli inventori. Se la tradizione di una cultura non è qualche cosa che si eredita passivamente, ma qualche cosa che si costruisce ogni giorno, questa terza capacità non può che essere una aspirazione. Una aspirazione a creare un effetto di continuità della cultura, a costruire le sue forme e le sue figure, con un contenuto personale e contemporaneo.»
Gae Aulenti, 1996


Nessun commento:

Posta un commento